Oggi ricorre il settantasettesimo anniversario della Dichiarazione di Chivasso, un evento a fondamento della nostra stessa autonomia, della nostra identità, che sicuramente dobbiamo avere costantemente presente e celebrare ogni anno.
Nel 1943 i Valdostani Emile Chanoux ed Ernest Page (Federico Chabod non fu presente ma consegnò un documento) e alcuni degli esponenti dell’antifascismo valdese, Osvaldo Coïsson, Gustavo Malan, Giorgio Peyronel e Mario Rollier manifestarono nel manoscritto redatto durante un convegno clandestino quanto lo spirito di autonomia e di federalismo pervadesse Italia ed Europa, un sentimento che già nel 1941 Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi avevano ben espresso in « Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto », meglio noto come Il Manifesto di Ventotène. A questo riguardo apro una breve parentesi: a tutti è noto come oggi siamo tanti distanti da un Europa dei popoli e, allo stesso modo, possiamo affermare che il tentativo nel 2001 di dare un impianto federalista all’Italia sia stato di fatto un fallimento.
I temi dibattuti nell’incontro di Chivasso i cui valori sono fissati nella Dichiarazione saranno approfonditi da Chanoux nello scritto « Federalismo e autonomie », saggio che ha rivestito e riveste tuttora basilare importanza per la concezione federalista e autonomista della nostra realtà, concezione i cui cardini furono ripresi, lo rammento, nei progetti prestatutari.
Oggi più che mai, la nostra stessa identità e i valori dell’autonomia – riconosciutici dallo Statuto Speciale e dalla Costituzione – sono messi in discussione, anzi sono sempre più di frequente oggetto di attacchi, e da più fronti. La cosa che preoccupa è l’inerzia o addirittura la complicità di una parte della nostra comunità che non si riconosce più nei valori dell’autonomia.
Come tutti sappiamo, la Dichiarazione o Carta di Chivasso in realtà s’intitola « La Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine ».
Rappresentanti delle popolazioni alpine. E oggi sono le economie delle popolazioni alpine a essere messe in ginocchio a cause di scelte che non sono guidate dalla conoscenza delle realtà territoriali condivise dall’intero arco alpino.
Ultimamente sono state assunte iniziative coraggiose dalle singole Regioni, forse è il momento di esaltare lo spirito che unì nel 1943 i rappresentanti delle popolazioni alpine e di condividere una linea comune che porti Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia a rilasciare una forte dichiarazione comune?
Gli esempi spesso provengono dal basso, ed è nostro dovere ascoltare la voce della gente.
Mi viene da pensare al video Youtube « Non è una sciata, per noi è vita », che raccoglie l’appello di molti volti noti tra cui la nostra Federica Brignone, che non è solo una grande campionessa, ma si mette pure in gioco per la sua terra, e molte altre figure che vivono dell’attività legata alla montagna: imprenditori, artigiani, maestri di sci, guide, inservienti, addetti alle seggiovie, operatori turistici, albergatori di numerose regioni dell’arco alpino. Queste manifestazioni ovviamente non vogliono sottostimare il problema sanitario che purtroppo è molto serio e importante ma vogliono chiedere ai decisori di prendere delle decisioni che tengano conto delle specificità dei territori. Nessuno vuole adottare comportamenti sciagurati che possono generare contagi, malattie e morti ma responsabilizzare la nostra comunità come accade nella Svizzera federalista.
Queste rivendicazioni del diritto di vita per il nostro popolo di montagna sono dei segnali da non trascurare. Probabilmente ci siamo seduti, ci siamo adagiati sul benessere raggiunto e dato tutto per scontato. In questo momento di difficoltà la voglia di autodeterminazione può far riemergere l’intraprendenza solidale di una comunità che vuole riappropriarsi del suo presente e del suo futuro senza estremismi, senza egoismi e assurdi slanci razzisti.
Aurelio Marguerettaz – Capogruppo Union Valdôtaine