Ieri, 6 novembre 2024, alla Camera dei Deputati, il deputato Franco Manes è intervenuto per la componente delle minoranze linguistiche durante la dichiarazione di voto sul disegno di legge noto come « Post calamità » o « ricostruzione ». Nel suo discorso, Manes ha richiamato l’attenzione sulla necessità di un approccio più ampio e sistematico nella gestione delle emergenze e delle ricostruzioni, contestualizzando il tema nella fragilità del territorio e nella crescente incidenza dei cambiamenti climatici. Di seguito l’intervento integrale:
« Grazie Sig. Presidente,
L’atto che andiamo qui oggi ad approvare e che riguarda sostanzialmente le modifiche al codice di protezione civile di cui al decreto legislativo n.1 del 2018, Pdl n.589, appare essere un provvedimento articolato se non altro per gli abbinamenti di altre proposte di legge quali la numero 647 e la 1647, deleghe al Governo per la disciplina organica degli interventi di ricostruzione e legge quadro in materia di ricostruzione post-calamità. Un provvedimento quindi estremamente importante soprattutto in un momento in cui i cambiamenti climatici e le conseguenze di questi, sono oramai diventati una nefasta certezza. Da una parte quindi un territorio fragile quello Italico, un territorio difficile da gestire e che presenta troppe aree oramai abbandonate, forse anche dovuto a norme complicate, non articolate e fatemelo dire in parte vetuste. L’Italia presenta infatti ampie porzioni di territorio vincolate da norme di tutela addirittura fondate su Regi decreti del 22, del 29 e del 36. Vincoli che spesso e volentieri non rispondono più alla necessità di governare e salvaguardare il territorio. Viviamo in un paese in cui sino ad oggi, la consapevolezza dei cambiamenti climatici, del sistema di protezione civile, del ruolo degli enti periferici di controllo è limitata ad una porzione ristretta della popolazione.
E’ come se ci fosse un Italia divisa in due.
Da una parte i cittadini che vivono le aree interne, le aree territoriali acclivi, quei territori che ogni giorno sono soggetti a degrado infrastrutturale, all’abbandono antropico, in cui la consapevolezza della fragilità dei territori è alta e dall’altra parte i cittadini che abitano le città e le aree conurbate di pianura. in cui lo sviluppo antropico, urbanistico ed edilizio è avvenuto in alcuni casi in maniera non organica, che drammaticamente si accorgono della fragilità di questi ambiti, solo ad emergenza avvenuta. Ed è proprio in questi ambiti, che molti Italiani risiedono ed hanno un concetto ideologico estremo della salvaguardia dell’ambiente selvaggio, della fauna e della flora, immaginando sistemi ambientali non attualizzati, inconsapevoli di quanto sia difficile vivere, lavorare e mantenere le aree interne. E questo sta diventando un problema. Crediamo che oramai la gestione dei cambiamenti climatici possa avvenire solo attraverso l’adattamento a questi, inutile prendersi in giro immaginando di poter invertire la rotta in breve tempo. E’necessario invece aumentare la consapevolezza e cambiare il paradigma dello sviluppo antropico e infrastrutturale del nostro paese.
Finche questo Parlamento e questo Governo non capiranno che è necessario come priorità assoluta, investire in maniera pesante sulle aree interne, sui territori di montagna al fine di evitarne la desertificazione dei nostri centri minori, l’abbandono delle nostre aree agricole, dei nostri boschi, dei nostri rivi, non saremo in grado di sostenere a lungo le tragedie, le inondazioni, i dissesti idrogeologici che stiamo vedendo oramai con grande regolarità.
Perchè ci siamo soffermati su questi aspetti?
Perché l’atto in questione ci pare troppo incentrato su alcune specifiche emergenze, come quelle legate ai terremoti, certamente settore questo che necessita attenzione e importanti investimenti, nonché un cambio di rotta epocale nel settore edilizio civile e residenziale. E su questo dobbiamo ancora fare molto tutti. Indubbiamente, riconosciamo però che dopo l’importante lavoro svolto in Commissione Ambiente, il testo sia stato molto migliorato e riconosciamo l’onestà intellettuale del relatore On. Trancassini e del presidente di Commissione On Rotelli di aver cercato di trovare una sintesi tra i diversi testi abbinati e aver tenuto conto in parte, delle varie richieste dei gruppi, ma è evidente che le attività di ricostruzione sono regolate da impianti normativi complicati ed il tentativo di introdurre un modello unico per le ricostruzioni post calamità sia un ottima cosa, ma non può prescindere dal ruolo delle regioni e del sistema degli EELL. Dovevamo forse non inventare niente, ma copiare quanto di buono alcune regioni virtuose, stanno facendo nell’ambito dei loro sistemi di protezione civile, come ad esempio il Trentino Alto Adige-Sud Tirol e la Valle d’Aosta.
Certo bene avere un riordinamento delle procedure e delle norme, ma non è sostenibile che in seguito ad un’emergenza ambientale come può essere un alluvione, dissesti idrogeologici, frane, le risorse finanziarie promesse e stanziate non arrivino in tempi certi e celeri.
Non voglio parlare delle altre regioni perché non mi compete, ma apprendere che ad oggi per l’alluvione di Giugno in Valle d’Aosta, le somme stanziate di fatto non sono totalmente ancora arrivate a questi territori, questo non è ammissibile.
E’ necessario quindi che la politica tutta dialoghi in maniera condivisa, perché queste tematiche si risolvono solo con il dialogo. In questo settore le ideologie non devono esserci e tenuto conto anche del grande lavoro svolto in Commissione come componente delle minoranze linguistiche ci asterremo ».